La teoria della traduzione nella storia by AA.VV

La teoria della traduzione nella storia by AA.VV

autore:AA.VV.
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2013-10-21T16:00:00+00:00


(Traduzione di Giovanni Moretto)

José Ortega y Gasset

MISERIA E SPLENDORE DELLA TRADUZIONE*

La miseria

In una riunione alla quale assistono professori del Collegio di Francia, universitari e persone di questo tipo, qualcuno parla dell’impossibilità di tradurre alcuni pensatori tedeschi e propone, generalizzando il tema, che si faccia uno studio su quali filosofi si possono tradurre e quali no.

Sembra che qualcuno presupponga, con eccessiva convinzione, che ci sono filosofi e più in generale scrittori che si possono effettivamente tradurre. Questo non è forse illusorio? – mi sono permesso di insinuare. Tradurre non è un desierio irrimediabilmente utopistico? La verità è che ogni giorno di più mi avvicino all’opinione secondo cui tutto ciò che l’uomo fa è utopistico. Egli è intento a conoscere senza riuscire a conoscere nulla pienamente. Quando fa giustizia finisce inevitabilmente per commettere qualche malvagità. Crede di amare per poi rendersi conto di avere solo promesso di farlo. Non si dia a queste mie parole un senso di satira morale, come se io censurassi i miei colleghi della specie umana perché non fanno ciò a cui aspirano. La mia intenzione è esattamente opposta: invece di incolparli per il loro insuccesso voglio far comprendere che nessuna di quelle cose si può fare, che sono di per sé impossibili, che rimangono una mera pretesa, un progetto vano e un gesto incompiuto. La natura ha dotato ciascun animale di un programma di atti che possono da soli armonizzarsi in modo soddisfacente. Per questo è così raro che un animale sia triste. Solo negli animali superiori – nel cane, nel cavallo – si nota a volte qualcosa di simile alla tristezza e proprio in questi momenti ci sembrano più vicini a noi, più umani. Lo spettacolo della natura che forse più ci turba per la sua ambiguità, è quello della malinconia dell’orango, nel profondo misterioso della foresta. Normalmente gli animali sono felici. Il nostro destino è opposto. Gli uomini sono sempre malinconici, pieni di manie e frenetici, tormentati da tutti questi mali che Ippocrate chiamò divini. La ragione sta nel fatto che tutte le attività umane sono irrealizzabili. Il destino – il privilegio e l’onore – dell’uomo è quello di non riuscire mai in ciò che si propone e di essere pura aspirazione, utopia vivente. Parte sempre verso l’insuccesso e prima di entrare nella lotta è già ferito a morte.

Lo stesso accade a quella modesta attività che è il tradurre. In campo intellettuale non vi è compito più umile. Ma, nonostante ciò, è smisurato.

Scrivere bene significa fare piccole erosioni alla grammatica, all’uso prescritto della lingua e alle sue regole vigenti. È un atto di permanente ribellione contro il contesto sociale, una sovversione. Scrivere bene implica una buona dose di coraggio. Ebbene, il traduttore è di solito un pusillanime. Ha scelto per timidezza questa occupazione, quella minima. Si trova di fronte all’enorme apparato poliziesco costituito dalla grammatica e dal suo uso pedante. Cosa farà il traduttore con il testo ribelle? Non è forse troppo chiedergli di essere anche lui ribelle e per conto di altri? Vincerà in



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